14/04/21

Semplici considerazioni sugli eventi in corso - appunti sulla memoria dell'inganno ancestrale cui è sovrapposta la contraffazione contemporanea - breve accenno sulla valenza sacramentale del sangue


(fragmenta) Nel mito gnostico, fin dall’imperscrutabile origine dei tempi, nel veemente vortice universale turbina la prima causa intelligente, identificata nella figura del malvagio ArchigenitorYaldabaoth, l’infinito vorace, artefice di paurose meraviglie. Nel suo cuore arde una cupa ambizione di splendore vendicativo. 

Nel cosmo illusorio il fervore palpita in ogni brillantezza, nel buio più fitto l’invisibile massa oscura ribolle d’inverosimili contro-gravità, connesse da vortici che spalancano ogni baratro energetico\gravitazionale in cui trova equivalenza la gola stessa del dio multiforme moltiplicato a replica infinita.

Egli è il soavissimo tormentato, il folle ingoia lucerigurgita vita, eccellente facitore d’imposture sublimi e assassine: Colui che ha forgiato l’uomo nel calco argilloso molle e dolente, ricavato dalla propria stessa immagine tormentata. Poiché Egli è una falsa divinità, rimase inconsapevole che nell’impasto creaturale fu inesplicabilmente catalizzata l’inaudita potenza rivelativa preesistente (nel mito è l’emanazione di Sophia) evocante nella precaria amalgama di patimento commisto a soavità un principio di purezza inaccessibile allo stesso dio e a tutta l’accolita degli dèi/arconti, i quali, per tale motivo, accorgendosi dell’inusitato splendore ravvoltolato di un rivestimento tanto fragile e grossolano, presero in odio il misero uomo

Gli Arconti, riconoscendosi incapaci di accedere al prezioso mistero racchiuso nell’uomo, ne invidiarono il sogno realizzativo, sebbene talvolta anche ammirandone la potenza di visione ma, in ogni caso, inadeguati a comprenderne il mistero, lo reputarono come il custode troppo effimero di una risorsa così tanto preziosa e presero a cospirare per la sua rovina; attuando ogni possibile strategia per sottometterne l’essenza.

In questa vita sta solo alla singola coscienza realizzare la necessaria risolutezza utile a vagliare le circostanze, operando in sé un rigoroso discernimento.

È fin troppo esplicito come nel mito cosmogonico il reiterato sacrificio di sangue attuato da ogni dio rivelato costituisca il preminente motivo della rigenerazione perpetua nella presente trappola percettivo-emotiva.

In ogni mito originario della creazione è sempre presente un crimine ancestrale commesso da una o più entità divine.

Il sangue versato è garanzia del vincolo che rilega con maggiore tenacia nella presente dimensione (sotto-realtà).

Anche il Nuovo Testamento non poteva sottrarsi a questo archetipo di dolore fondato nella memoria del sangue (Matteo II, 16).

Nell’impostura teologale Dio, in quanto onniveggente, non potendo mai essere colto di sorpresa potendo Egli anticipare ogni eventualità, non solo è l’intenzionale colpevole dei patimenti di Adamo e di tutta la stirpe che ne è seguita fino a noi, ma, con la sua stessa nascita in terra non esita a far commettere un crimine di malvagità inaudita, lasciando sgozzare innocenti per regalarci un suo figlio.

Nella forma cattolica (universale appunto) l’espressione rituale recitata dall’officiante: prendetene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi, in cui i fedeli sono invitati a mangiare il corpo del sacrificato e berne il sangue, emblematizzati dal corpuscolo farinaceo dell’ostia e dal vino, è una forma di tetro incantamento desunto dagli oscuri misteri bacchici appositamente tramandati per saldare le anime alla matrice vorace.   

Per millenni i rappresentanti terreni del falso credo ci hanno instillato un velenoso sentimento di falsa pietà, di misera devozione.

Si consideri ad esempio anche la macabra festa di Dasain celebrata in Nepal in onore del dio Durga, cui sono sacrificati un gran numero animali, tra i resti smembrati dei quali dovrà camminare scalza una fanciulla, immersa tra pozze di sangue e visceri dimostrando una perfetta impassibilità, appositamente prescelta per essere l’ipostasi corporale della dea Kumari e la cui vita, dopo quella cruenta cerimonia, per un certo periodo di tempo sarà costellata di vincoli e severe restrizioni riconosciute come onorificenze, ma che in realtà coincidono alla condanna di un asservimento sacrificale: tra queste l’obbligo a conservare l’immobilità rituale per una buona parte del giorno, diventando una statua vivente.

La passione di Orfeo dilaniato dalle Baccanti o di Zagreus stesso (il Dioniso fanciullo dilaniato dai Titani) patisce l’azione della malevola interferenza ancestrale, il cui significato ritessuto in altra veste metaforica riemerge nella crocifissione di Gesù, preceduta dal martirio e dalla perforazione del suo cuore.

Tale sacrificio cruento si sovrappone al principio della purezza preesistente presente in tutti i motivi dei sacrifici mitici.

Solo nell’uomo sussiste il presentimento del “ritorno”, la cui intuizione è l’asse portante di ogni redenzione - dalla latina redere che vale il ritorno - (Odisseo in un momento topico del labirintico viaggio di ritorno, per resistere alla deviazione psichica indotta dal canto ammaliante delle crudeli Sirene, si fa legare all’albero maestro della nave, che vale la salda verticalità sapienziale, l’asse portante della potenza increata). Ritorno vale come il rientrare ad una condizione preoriginaria, al di là del “peccato originale”, significa nuotare contro la corrente dissolvente della dimensione inferiore.

È un compito inaudito, che spesso provoca alla coscienza un rivolgimento completo del suo intendimento iniziale, consegnandola nuovamente inerme alla forza distruttiva da cui intendeva affrancarsi: la composita corruzione terrena.

La tecnologia è l’altare metaforico su cui è rimodulata l’antica alleanza di sangue (come sa bene la Grande Chiesa).

Il nuovo millennio s’è aperto con un preminente sacrificio di sangue (11/09/2001) in cui sono stati anche scardinati/rinnovati determinati contrassegni simbolici.

Mediante l’espediente innovativo s’intende sclerotizzare la permanenza e la durata (A.I.) riunendo le diverse membra viventi con una occorrenza che a loro, pur essendone formalmente partecipi rimane fondamentalmente estranea, (realtà virtuale) e che pone il principio di sussistenza della vita non già fuori dalla vita stessa, ma in una sua simulazione ipotetica che è assai peggiore di ogni dimensione infera finora presagita. La giustificazione di tali implementazioni vertono tutte sul miglioramento della povera condizione umana: un alibi questo davvero eccellente.

L’algida innovazione, mascherata di benignità basterà sola a legittimare la condanna nell’inferno digitale di tutta la nuova umanità post-umana. È imminente, anzi, sarebbe ormai già avvenuta alla fatidica data dell’anno 2020 la negazione formale della nostra interiorità tragica, essendo stata legittimata la nozione del disumano compassionevole.

L’innovativo alibi medicale, la sollecitudine più che altro solo parodiata, altro non ha potuto attuare se non una forma di ricercato sadismo innovativo, perfettamente dissimulato nell’indifferibile rimedio terapeutico.

Assistiamo impotenti all’avvento dell’invincibile sadismo terapeutico innovativo. La quintessenza del sadismo, sua prerogativa essenziale, consiste nella riduzione di un corpo vivo e profondo all’esauriente esteriorità di un’algebra arida; uno scopo questo perfettamente raggiunto mediante l’ultima propaganda di terrore, la cui accurata pervasività è destinata a perdurare amplificandosi nei prossimi anni a venire. 

La Massa è stata persuasa che sia cosa buona e giusta annichilire la propria esistenza pur di far salva la nuda vita, destituita di ogni altro valore che non sia quello bassamente utilitaristico-sperimentale, appositamente asservito ai dettami imposti da corporazioni privatiste, le quali, in definitiva, sono quelle stesse che controllano la finanza e i governi di ogni nazione. 

Una volta che gli individui saranno persuasi che la dichiarazione dell’emergenza vale lo scardinamento di ogni loro residua facoltà autodeterminante il gioco sarà fatto: e ci sono già riusciti. Pochissimi si avvedono dei macroscopici conflitti d’interesse così come un minuscolo insetto non può dimensionare il tacco della scarpa che lo sta per schiacciare. La stupida Massa è plagiata incapace di dimensionare l’entità delle corporazioni preposte a gestire l’evento in corso, e che impongono ad ogni nazione il cosiddetto piano dell’agenda, e di come la presente emergenza sanitaria sia singolarmente gestita dagli stessi gruppi finanziari che controllano l’economia, la ricerca hi-tech e la farmaceutica industriale.

La cremazione compulsiva dei corpi nei primi mesi emergenziali è valsa come ad assolvere un rito buio. Consapevoli o meno che ne siano stati gli attuatori ciò non cambia l’eminente significato simbolico dell’azione. Decrittare le connessioni simboliche, che da sempre sono di sostegno agli eventi esteriori, è il fondamento stesso dell’idea della Civiltà. La Civiltà origina da tale prerogativa da cui discende anche il pensiero riflessivo e di cui la nostra moritura società brulicante non è più capace di esserne autentica espressione sensibile. Saremmo solo noi, adesso, ad attirare tutte le forze distruttive amplificandone l’operato maligno. 

Non è necessario il cosiddetto vaccino per tirarci fuori dalla cosiddetta pandemia, casomai è vero il contrario, che la pandemia è stata e sarà necessaria ad imporre la terapia genica sperimentale utile a implementare la fusione dell’elemento biologico al dato sintetico, nella finalità di un nostro controllo/asservimento totale. È troppo tardi perché l’uomo possa sottrarsi da un simile trattamento.

L’umanità dovrà subire questa sua ulteriore mutazione involuta e non può opporsi. Non esiste rimedio come adesso sarebbe impossibile divellere le rotaie pretendendo di tornare alle diligenze e abolendo le diligenze stesse voler tornare a cavalcare il cavallo con selle rudimentali. Siamo degli idioti contraddittori.

Conta unicamente una determinata consapevolezza, cosiddetta spirituale.

Disporsi intimamente ad un determinato ordine di riferimenti…e non si tratta solo di bersi “tisane depurative” o estasiarsi con le sonorità delle campane tibetane. (Giovanni Ranella)