(fragmenta) Nel mito gnostico, fin dall’imperscrutabile origine dei tempi, nel veemente
vortice universale turbina la prima causa intelligente, identificata nella figura del malvagio Archigenitor: Yaldabaoth, l’infinito vorace, artefice
di paurose meraviglie. Nel suo cuore arde una cupa ambizione di splendore
vendicativo.
Nel cosmo illusorio il fervore palpita in ogni
brillantezza, nel buio più fitto l’invisibile massa oscura ribolle
d’inverosimili contro-gravità, connesse da vortici che spalancano ogni baratro
energetico\gravitazionale in cui trova equivalenza la gola stessa del dio
multiforme moltiplicato a replica infinita.
Egli è il soavissimo tormentato, il
folle ingoia luce – rigurgita vita, eccellente facitore
d’imposture sublimi e assassine: Colui che ha forgiato
l’uomo nel calco argilloso molle e dolente, ricavato dalla propria stessa immagine
tormentata. Poiché Egli è una falsa divinità, rimase inconsapevole che nell’impasto
creaturale fu inesplicabilmente catalizzata l’inaudita potenza rivelativa
preesistente (nel mito è l’emanazione di Sophia) evocante nella precaria amalgama di
patimento commisto a soavità un principio di purezza inaccessibile allo
stesso dio e a tutta l’accolita degli dèi/arconti, i quali, per tale motivo, accorgendosi
dell’inusitato splendore ravvoltolato di un rivestimento tanto fragile e
grossolano, presero in odio il misero uomo.
Gli Arconti, riconoscendosi
incapaci di accedere al prezioso mistero racchiuso nell’uomo, ne invidiarono il
sogno realizzativo, sebbene talvolta anche ammirandone la potenza di visione ma,
in ogni caso, inadeguati a comprenderne il mistero, lo reputarono come il
custode troppo effimero di una risorsa così tanto preziosa e presero a
cospirare per la sua rovina; attuando ogni possibile strategia per
sottometterne l’essenza.
In questa vita sta solo alla singola coscienza realizzare
la necessaria risolutezza utile a vagliare le circostanze, operando in sé un
rigoroso discernimento.
È fin troppo esplicito come nel mito cosmogonico il reiterato
sacrificio di sangue attuato da ogni dio rivelato costituisca il preminente
motivo della rigenerazione perpetua nella presente trappola percettivo-emotiva.
In ogni mito originario della creazione è sempre presente
un crimine ancestrale commesso da una o più entità divine.
Il sangue versato è garanzia del vincolo che rilega
con maggiore tenacia nella presente dimensione (sotto-realtà).
Anche il Nuovo Testamento non poteva sottrarsi a
questo archetipo di dolore fondato nella memoria del sangue (Matteo
II, 16).
Nell’impostura teologale Dio, in quanto onniveggente,
non potendo mai essere colto di sorpresa potendo Egli anticipare ogni
eventualità, non solo è l’intenzionale colpevole dei patimenti di Adamo e di
tutta la stirpe che ne è seguita fino a noi, ma, con la sua stessa nascita in
terra non esita a far commettere un crimine di malvagità inaudita, lasciando
sgozzare innocenti per regalarci un suo figlio.
Nella forma cattolica (universale appunto) l’espressione
rituale recitata dall’officiante: prendetene tutti, questo è il mio corpo
offerto in sacrificio per voi, in cui i fedeli sono invitati a mangiare il
corpo del sacrificato e berne il sangue, emblematizzati dal corpuscolo
farinaceo dell’ostia e dal vino, è una forma di tetro incantamento desunto dagli
oscuri misteri bacchici appositamente tramandati per saldare le anime alla
matrice vorace.
Per millenni i rappresentanti terreni del falso credo
ci hanno instillato un velenoso sentimento di falsa pietà, di misera devozione.
Si consideri ad esempio anche la macabra festa di
Dasain celebrata in Nepal in onore del dio Durga, cui sono sacrificati un gran
numero animali, tra i resti smembrati dei quali dovrà camminare scalza una
fanciulla, immersa tra pozze di sangue e visceri dimostrando una
perfetta impassibilità, appositamente prescelta per essere l’ipostasi corporale
della dea Kumari e la cui vita, dopo quella cruenta cerimonia, per un certo
periodo di tempo sarà costellata di vincoli e severe restrizioni riconosciute
come onorificenze, ma che in realtà coincidono alla condanna di un asservimento
sacrificale: tra queste l’obbligo a conservare l’immobilità rituale per una
buona parte del giorno, diventando una statua vivente.
La passione di Orfeo dilaniato dalle Baccanti o di
Zagreus stesso (il Dioniso fanciullo dilaniato dai Titani) patisce l’azione
della malevola interferenza ancestrale, il cui significato ritessuto in altra
veste metaforica riemerge nella crocifissione di Gesù, preceduta dal martirio e
dalla perforazione del suo cuore.
Tale sacrificio cruento si sovrappone al principio
della purezza preesistente presente in tutti i motivi dei sacrifici mitici.
Solo nell’uomo sussiste il presentimento del
“ritorno”, la cui intuizione è l’asse portante di ogni redenzione - dalla latina
redere che vale il ritorno - (Odisseo in un momento topico del labirintico viaggio di ritorno, per resistere alla deviazione psichica indotta dal
canto ammaliante delle crudeli Sirene, si fa legare all’albero maestro della
nave, che vale la salda verticalità sapienziale, l’asse portante della potenza increata).
Ritorno vale come il rientrare ad una condizione preoriginaria, al di là
del “peccato originale”, significa nuotare contro la corrente dissolvente della
dimensione inferiore.
È un compito inaudito, che spesso provoca alla
coscienza un rivolgimento completo del suo intendimento iniziale, consegnandola
nuovamente inerme alla forza distruttiva da cui intendeva affrancarsi: la composita
corruzione terrena.
La tecnologia è l’altare metaforico su cui è
rimodulata l’antica alleanza di sangue (come sa bene la Grande Chiesa).
Il nuovo millennio s’è aperto con un preminente
sacrificio di sangue (11/09/2001) in cui sono stati anche scardinati/rinnovati
determinati contrassegni simbolici.
Mediante l’espediente innovativo s’intende sclerotizzare
la permanenza e la durata (A.I.) riunendo le diverse membra viventi con
una occorrenza che a loro, pur essendone formalmente partecipi rimane fondamentalmente
estranea, (realtà virtuale) e che pone il principio di sussistenza della vita
non già fuori dalla vita stessa, ma in una sua simulazione ipotetica che è
assai peggiore di ogni dimensione infera finora presagita. La giustificazione
di tali implementazioni vertono tutte sul miglioramento della povera condizione
umana: un alibi questo davvero eccellente.
L’algida innovazione, mascherata di benignità basterà sola
a legittimare la condanna nell’inferno digitale di tutta la nuova umanità
post-umana. È imminente, anzi, sarebbe ormai già avvenuta alla fatidica
data dell’anno 2020 la negazione formale della nostra interiorità tragica, essendo
stata legittimata la nozione del disumano compassionevole.
L’innovativo
alibi medicale, la sollecitudine più che altro solo parodiata, altro
non ha potuto attuare se non una forma di ricercato sadismo innovativo, perfettamente
dissimulato nell’indifferibile rimedio terapeutico.
Assistiamo impotenti all’avvento dell’invincibile sadismo terapeutico innovativo. La
quintessenza del sadismo, sua prerogativa essenziale, consiste nella
riduzione di un corpo vivo e profondo all’esauriente esteriorità di
un’algebra arida; uno scopo questo perfettamente raggiunto mediante
l’ultima propaganda di terrore, la cui accurata pervasività è destinata a
perdurare amplificandosi nei prossimi anni a venire.
La Massa è stata persuasa che sia cosa buona e giusta annichilire la propria esistenza pur di far salva la nuda vita, destituita
di ogni altro valore che non sia quello bassamente
utilitaristico-sperimentale, appositamente asservito ai dettami imposti
da corporazioni privatiste, le quali, in definitiva, sono quelle stesse
che controllano la finanza e i governi di ogni nazione.
Una volta che gli individui saranno persuasi che la
dichiarazione dell’emergenza vale lo scardinamento di ogni loro residua facoltà autodeterminante
il gioco sarà fatto: e ci sono già riusciti. Pochissimi si avvedono dei macroscopici conflitti d’interesse
così come un minuscolo insetto non può dimensionare il tacco della
scarpa che lo sta per schiacciare. La stupida Massa è plagiata incapace
di dimensionare l’entità delle corporazioni preposte a gestire l’evento in corso, e che impongono ad ogni nazione il cosiddetto piano dell’agenda, e di come la
presente emergenza sanitaria sia singolarmente gestita dagli stessi gruppi
finanziari che controllano l’economia, la ricerca hi-tech e la farmaceutica
industriale.
La cremazione compulsiva dei corpi nei primi mesi
emergenziali è valsa come ad assolvere un rito buio. Consapevoli o meno che ne
siano stati gli attuatori ciò non cambia l’eminente significato simbolico
dell’azione. Decrittare le connessioni simboliche, che da sempre sono di
sostegno agli eventi esteriori, è il fondamento stesso dell’idea della Civiltà.
La Civiltà origina da tale prerogativa da cui discende anche il pensiero
riflessivo e di cui la nostra moritura società brulicante non è più capace di
esserne autentica espressione sensibile. Saremmo solo noi, adesso, ad attirare
tutte le forze distruttive amplificandone l’operato maligno.
Non è necessario il cosiddetto vaccino per tirarci
fuori dalla cosiddetta pandemia, casomai è vero il contrario, che la pandemia è
stata e sarà necessaria ad imporre la terapia genica sperimentale utile a
implementare la fusione dell’elemento biologico al dato sintetico, nella
finalità di un nostro controllo/asservimento totale. È troppo tardi perché
l’uomo possa sottrarsi da un simile trattamento.
L’umanità dovrà subire questa sua ulteriore mutazione
involuta e non può opporsi. Non esiste rimedio come adesso sarebbe impossibile
divellere le rotaie pretendendo di tornare alle diligenze e abolendo le
diligenze stesse voler tornare a cavalcare il cavallo con selle rudimentali.
Siamo degli idioti contraddittori.
Conta unicamente una determinata consapevolezza,
cosiddetta spirituale.
Disporsi intimamente ad un determinato ordine di
riferimenti…e non si tratta solo di bersi “tisane depurative” o estasiarsi con le
sonorità delle campane tibetane. (Giovanni Ranella)