di: Giovanni Ranella
L’imminente
Dies Natalis Solis Invicti cosa ci rivela?
La
disintegrazione conclamata della potenza simbolica propria all’uomo, del suo
rovesciamento voluto da un potere post-futurista o anche pop-futurista.
Teniamo
a mente che oggi ogni “emergenza sociale” è preordinata, voluta, scatenata
dalle oscure classi dominanti che simulano la spontaneità dove di fatto questa
è assente.
Avremmo
bisogno di un segno autentico, ora smentito alla storia dalla concezione meccanicista
e solo utilitarista dell’esistenza.
Un
segno propriamente agente, come quello che guidò l’azione degli artisti del
primo Rinascimento. Un segno certo, in grado di rimettere in primo piano la più
alta idealità umana svincolata dalla mortifera logica dominante, fautrice di un
dominio produttivo sostanzialmente incentrato sull’ultraviolenza.
Nell’attuale
stato di cose l’uomo-Cristo è atrocemente menomato, incapace di conferire una
dimensione consona alla propria tragedia si smarrisce nel fondo di un dolore
esistenziale percepito come senza senso.
L’uomo-nuovo profanamente
inteso è un ibrido massimamente infelice, tristemente incapace di rimettere in
scena l’idea-ispirazione del corpo.
Il
corpo, che è corpo mistico, è rinnovato dal primordiale Grande Sacrificio
cosmogonico, riemerso in forza di una coscienza che ricerca la realtà, per
quest'Età il Cristo appunto, che ri-crea la vita attraverso lo sguardo e
l’azione attenta. Cristo è il ridestato in se stesso, il paradigma della
condizione propriamente Felice che appartiene all’uomo verticalmente connesso,
ovvero, di colui che può individuare i nessi sottili annodanti l’esistenza al
proprio destino trascendente, e che dunque decifra l’azione significativa di
quanti ancor prima lasciarono traccia evidente in testimonianze sensibili.
Sono
anni che l’idea di Rinnovamento è intimamente spenta.
La
standardizzazione “pop” è un sigillo nero impresso sulla memoria e preclude
ogni possibile aumentata comprensione di sé, riguardando appunto un formale
quanto fosforescente livellamento esistenziale, sancito dalla “conquista” di
una libertà solo esteriore e dunque di una "libertà povera", quale
gratificazione del miserrimo individuo-consumatore che attraverso l'esercizio
della stessa, sancisce esclusivamente la condizione della sua inequivocabile
schiavitù animica.
L’esistenza
umana non si realizza nel campo pubblicitario o nella cosiddetta “ricerca
scientifica”, o estremizzando la facoltà della sola ragione, queste sono
menzogne che legittimano il consolidamento di una tirannia mai conosciuta
prima.
Noi
acquisiamo senso ed effettiva "ragione" riuscendo
a coltivare l’interiore giardino officinale del pensiero simbolico,
tradotto creativamente nell’esaltazione della Dignità dell’uomo,
“liturgicamente” conscio di sé e del suo posto nel Cosmo.
I
Greci antichi insegnarono che la Conoscenza coincide con l’evento interiore
della reminiscenza, l’uomo è centrato quando traduce effettivamente gli eventi
che scandiscono i ritmi della storia, qui intesa come “storia sacra”, che è
Evento Perenne, ri-attualizzato nelle vicissitudini interiori di ognuno
sinceramente predisposto a comprendere.
Storia
sacra che non è mera rappresentazione di fantasiose o pietose scene blandamente
educative, ma, attraverso l’estensione dell’intelligenza ad opera dell’impulso
enigmatico costituito dalla Pietas che è Misericordia – la Misericordia
autentica è propriamente Virile – si comprende come gli episodi della storia
sacra siano gli “specchi” ingranditi su cui si riflette l’immane allegoria
universale, riconoscendo congiuntamente ad essa il mistero stesso della
condizione assunta dal Cristo, della Sua difficile condizione propriamente
umana: di colui che risale ai primordi “infondati”, di colui la cui veggenza o
radianza del cuore sconfigge l’oblio più fondo dove precipitano il calore e la
gravità di più universi.
Credo il Cristo si debba intendere in modo simbolico (i simboli sono potenti, ma inafferrabili: sono un'arma a doppio taglio): è l'emblema di un cosmo che, misteriosamente, si crocifigge nella caduta e nella materia per poi redimersi alla fine dei tempi, quando non esisterà più il tempo?
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