11/11/19

Il ruolo delle forze armate in un paese allo sfascio


L'Italia è un paese allo sbando. Le sue infrastrutture produttive sono in grave difficoltà così come le amministrazioni pubbliche e private. Dal punto di vista strategico e geopolitico siamo in balia di forze straniere di cui siamo costretti a seguire indirizzi e velleità indipendentemente se sia in nostro favore o meno. Dobbiamo difatti garantire che una classe politica inetta, asservita e confusa sieda ai vertici del sistema di governo in modo che non rappresenti un intralcio in caso di decisioni che riguardino gli ambiti militari mondiali.

Fatte queste ovvie e dolorose premesse, occorre considerare il ruolo delle forze armate in questo scenario desolante che, negli anni a venire, non farà altro che peggiorare. Ha senso investire negli equipaggiamenti militari? Come districarsi tra le commesse pubbliche e private, interessi privati e pubblici, decisioni e ripensamenti? Sfugge davvero dove sia il vero interesse del paese nel suo contesto militare, chi sia a tirare le fila dell'imponente macchina per difendere e offendere italiana.

Chi decide sulle missioni italiane all'estero? Chi ne valuta i pro e i contro per il nostro paese? Perché il mondo militare non si oppone alle pesantissime ingerenze militari straniere sul nostro suolo patrio, contro la geo-ingegneria per esempio? Perché la marina militare non impedisce lo sbarco di clandestini sulle nostre coste? In due parole: perché le forze armate italiane non fanno il loro dovere?

Questo articolo e l'intervista seguente possono aiutare a farsene un'idea, soprattutto in merito all'affaire F-35. Se siete interessati, buona lettura e visione:

sakeritalia - Napoli, e non Roma, è stata ieri al centro della Giornata delle Forze Armate. Sul Lungomare Caracciolo sono sfilati 5 battaglioni. Ma il pezzo forte è stata l’area espositiva interforze, che ha richiamato per cinque giorni in Piazza del Plebiscito soprattutto giovani e bambini. Essi hanno potuto salire a bordo di un caccia, guidare un elicottero con un simulatore di volo, ammirare un drone Predator, entrare in un carrarmato, addestrarsi con istruttori militari, per poi andare al porto a visitare una nave da assalto anfibio e due fregate missilistiche. Una grande «Fiera della guerra» allestita con un preciso scopo: il reclutamento.

Il 70% dei giovani che vogliono arruolarsi vive nel Mezzogiorno, soprattutto in Campania e Sicilia dove la disoccupazione giovanile è del 53,6%, rispetto a una media Ue del 15,2%. L’unico che offre loro una occupazione «sicura» è l’esercito. Dopo le selezioni, il numero dei reclutati risulta però inferiore a quello necessario. Le Forze armate hanno bisogno di più personale, poiché sono impegnate in 35 operazioni in 22 paesi, dall’Europa orientale ai Balcani, dall’Africa al Medioriente e all’Asia. Sono le «missioni di pace» effettuate soprattutto là dove la Nato sotto comando Usa ha scatenato, con l’attiva partecipazione dell’Italia, le guerre che hanno demolito interi Stati e destabilizzato intere regioni.

Per mantenere forze e armamenti adeguati – come gli F-35 italiani schierati dalla Nato in Islanda, mostrati dalla Rai il 4 novembre – si spendono in Italia, con denaro pubblico, circa 25 miliardi di euro annui. Nel 2018 la spesa militare italiana è salita dal 13° all’11° posto mondiale, ma Usa e Nato premono per un suo ulteriore aumento in funzione soprattutto della escalation contro la Russia.

Lo scorso giugno il governo Conte I ha «sbloccato» 7,2 miliardi di euro da aggiungere alla spesa militare. Lo scorso ottobre, nell’incontro del premier col Segretario generale della Nato, il governo Conte II ha assicurato l’impegno ad aumentare la spesa militare di circa 7 miliardi di euro a partire dal 2020 (La Stampa, 11 ottobre 2019). Si sta così per passare da una spesa militare di circa 70 milioni di euro al giorno a una di circa 87 milioni di euro al giorno. Denaro pubblico sottratto a investimenti produttivi fondamentali, specie in regioni come la Campania, per ridurre la disoccupazione a partire da quella giovanile.

tratto da difesa on line - Ognuno è libero di avere una propria opinione sul velivolo, a patto di una completezza delle informazioni a disposizione. Dal momento che, secondo lo scrivente, tale quadro non è mai stato chiaramente fornito ai cittadini del nostro amato Paese, abbiamo intervistato il già capo di stato maggiore dell'Aeronautica, il generale Pasquale Preziosa. Complice un momento di relax in serena compagnia dei nipoti, il generale ha fornito con la già proverbiale schiettezza alcuni dati che ci mancavano...

Generale Preziosa, cosa è avvenuto con il taglio del 2012 alla quota di F-35? La nostra convenienza sarebbe stata non scendere al di sotto di cento velivoli: avremmo, come è stato, perso una quota del 30% nella produzione di cassoni alari del velivolo. Quale era il valore di ogni cassone alare e quanti avremmo dovuto produrne? Il valore era di circa 10 milioni ognuno. Avremmo dovuto produrne oltre1280, se ben ricordo. Ne abbiamo persi 400.


Quindi scendere a quota 90 ci ha fatto perdere... Parliamo, con le penali, della bellezza di 4-5 miliardi! Questo avviene quando le analisi hanno come obiettivo il Sistema-governo (non il "Sistema-Paese", nda). Una riduzione era "politicamente" richiesta, anche se il governo era allora "tecnico" (governo Monti, nda). Quale sarebbe stata la massima convenienza? Contrarre l'acquisto a 101 F-35, evitando di far perdere all'industria ed in definitiva all'Italia quella montagna di soldi.

Qualcuno sostiene che il programma rappresentasse una fregatura per il nostro Paese... La realtà è l'opposto: gli americani avevano concesso SOLO all'Italia di produrre i cassoni alari e di assemblare il velivolo al di fuori degli Stati Uniti! Un vantaggio tecnologico evidente a chi entra nella FACO di Cameri. Se raffrontiamo la somma degli investimenti nel programma (circa un miliardo), il costo dei velivoli ed i 12-13 miliardi del ritorno industriale, al "Sistema Paese Italia" i velivoli erano forniti quasi gratis! Eravamo il Paese eletto dagli Stati Uniti in Europa per avere il massimo vantaggio. Ognuno di noi può poi fare i propri calcoli per ridurre tale privilegio... In Italia siamo riusciti a compromettere un'opportunità unica. Il taglio effettuato non ha comportato un risparmio, costerà miliardi: quelli compromessi con la perdita della produzione.



Possono cambiare le cose? In Italia chi siede sul “soglio pontificio” ripete sempre le stesse cose, come se esistessero solo Ustica e gli F-35... Non mi aspetto grandi cambiamenti. A suo tempo non si batté nessuno per evitare il taglio? Le lettere inviate sconsigliavano tutte la riduzione sotto quota 100... Anche perché stiamo sostituendo DUECENTOQUARANTA velivoli – tra Tornado (foto) ed AMX – con, ora, 90! Operativamente non so se la riduzione sarà sostenibile: già il numero originario di 131 F-35 era appena sufficiente. Ma chi viene chiamato ad assolvere incarichi operativi non è mai lo stesso che decide la riduzione. Se verremo chiamati a sostenere un compito saremo in grado di assolverlo in queste condizioni? L'Italia è oggi uno dei pochi Paesi a possedere tecnologia di 5a generazione per entrare in un futuro che è stato delineato. E il futuro non lo decidiamo noi, siamo dei “follower”, lo stabiliscono gli Stati Uniti, la Russia, la Cina. Questi protagonisti sono oltre la quarta generazione, qualcuno anche oltre la quinta. L'Italia, con pochi altri Paesi europei era in anticipo su questa scia. Avevo i capelli quando già si parlava di F-35... oggi è una realtà.

Per quanti anni servirà l'F-35? Stiamo parlando almeno dei prossimi vent'anni. Periodo in cui un'adeguata mitigazione del rischio non potrà essere fornita da velivoli di quarta generazione. In politica internazionale servono punti fermi: ho preso una decisione e la mantengo. Il rispetto degli impegni rappresenta l'affidabilità di un Paese. Se, ogni volta, un contratto sottoscritto viene messo in discussione la credibilità dei contraenti viene meno.

Se oggi si rinegoziasse in positivo la quota di F-35 per tornare alla quota 101 che non avrebbe pregiudicato la produzione industriale assegnata in origine... ci manderebbero a quel Paese? Bisognerebbe rinegoziarla... In un mondo che comunque va avanti, l'Italia, vista la sua bassa affidabilità, Paese delle lunghe discussioni, non avrà vita facile. La manutenzione è stata assegnata all'Inghilterra: una nazione paziente che aveva subito lo smacco dell'assegnazione all'Italia della FACO. In passato, grazie alle commissioni di Camera e Senato, avevamo posto come condizione per l'acquisto degli F-35 l'assegnazione della Final Assembly and Check Out: un paradiso tecnologico per chi ha l'opportunità di visitarlo. Se tali eccellenze non vengono apprezzate, dopo essere state richieste, gli americani se ne fanno una ragione...

Gli Stati Uniti assegnano la FACO all'Italia e noi che facciamo? Discutiamo ancora se prendere l'F-35, se non prenderlo o in che numero?!!! Ricordiamo che agli americani non importa nulla di poche decine di velivoli. Loro ne acquisteranno a migliaia. Siamo noi ad aver perso un'occasione!
Qualcuno poi parla di "sovranità"... Ma perché l'Eurofighter ci conferisce sovranità? È condivisa in Europa (e l'Inghilterra è oggi fuori...). Molte parti sono realizzate in UK, è stato fatto un “security of supply”? Quando si parla di “sovranità” o ci si assicura di poter ideare e realizzare tutta la tecnologia presente in un campo industriale altrimenti non esiste.

Un esempio? La tecnologia motoristica. L'Italia fa le cellule dei velivoli ma non progettiamo e realizziamo propulsori. L'avionica? Siamo per lo più “integratori” di sistemi, non tanto produttori.
Quindi “sovranità” di che cosa...? Se la Rolls Royce non ci fornisce più parti di ricambio per i Viper del 339 (foto), gli aerei restano a terra!

5 commenti:

  1. noi siamo i soliti minchioni. Siamo peggio di Arlecchino, che di pladroni ne aveva due. Noi ne abbiamo troppi. Minchioni scoglionati ! Vergognamoci. Ma il pallone è il palloe. La Vita in un pallone manovrato da dopati e maneggiato dal bianco e nero...mavaff va !

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  2. Sembra che tu non abbia ben chiara la situazione....di che cazzo ti stupisci ancora ?

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    1. La maggioranza dei nostri connazionali pensa ancora che l'apparato militare serva a difendere i confini del nostro paese. Secondo me è utile instillare in loro il dubbio. Se vuoi contribuire fallo, stigmatizzare le mie parole mi sembra inutile.

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  3. Anche il ritorno economico nell'assemblaggio degli aerei sarebbe parziale, perché le nostre aziende legate alla difesa, ex proprietà IRI, ora sono di proprietà per due terzi dei cosidetti mercati (Blackrock in primis), sempre in mano agli americani..

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    1. Ormai ci siamo svenduti tutto. Almeno è più chiaro chi siano i padroni della filiera.

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