Antonio Socci - Tutto fa brodo per
andare addosso a Matteo Salvini, perfino l’Eneide. Ma sembra che le
tante menti erudite e illuminate che in queste ore si stanno rimbalzando certi
versi del poema virgiliano, non si siano rese conto di aver fatto un
curioso autogol. Ecco perché. Un paio di giorni fa mi sono accorto che
impazzava questa citazione dell’Eneide: “In pochi a nuoto arrivammo qui sulle
vostre spiagge./ Ma che razza di uomini è questa?/ Quale patria permette un costume
così barbaro, che ci nega perfino l’ospitalità della sabbia;/ che ci dichiara
guerra e ci vieta di posare i piedi sul lido./ Se non nel genere umano e nella
fraternità tra le braccia mortali, credete almeno negli Dei, memori del giusto
e dell’ingiusto”.
Come se
Virgilio parlasse della nave Diciotti o della Sea-Watch.
C’è solo un piccolo problema: bisognerebbe anche conoscere quel poema. Se lo si legge infatti si comincia a sospettare che il poema virgiliano (a cominciare da quella citazione) potrebbe portare più acqua al mulino di Salvini che a quello degli autoproclamati umanitari. I versi citati sono pronunciati dal venerando Ilioneo a nome dei troiani. Intanto va detto che i suddetti troiani sono da considerare profughi – che fuggono dalla nota guerra che ha distrutto la loro città – e come tali, se vogliamo rapportarli al presente, rientrerebbero in quella piccola minoranza di immigrati a cui tutti (Salvini compreso) riconoscono diritto di asilo.
In secondo luogo Ilioneo – che sta lamentando la brutta accoglienza ricevuta lì a Cartagine, “in Libia”(per una curiosa coincidenza) – sta parlando alla regina Didone e le chiede di non far bruciare le sette navi troiane perché loro non hanno intenti ostili, sono stati spinti su quella costa dalle tempeste e un’altra è la loro meta, perciò ripartiranno appena hanno riparato le loro imbarcazioni.
Quindi parliamo di
pochi profughi che intendono pure restare per poco tempo e poi andarsene. Non
parliamo – com’è il caso nostro, oggi – di 600 mila migranti che sono
sbarcati da noi in cinque anni, che sono nostri ospiti, vogliono restare
qua e hanno dietro altri milioni di persone che intendono raggiungerli.
Sono due casi non paragonabili. Nell’Eneide dunque accade che Didone accoglie a
Cartagine questi profughi capeggiati da Enea. Fra i due scoppia l’amore, ma
finisce male perché Enea dà una fregatura (peraltro annunciata) alla regina: se
ne va, con i suoi, e Didone è tanto disperata che si suicida per essere stata
illusa così da colui che aveva accolto e amato. Quindi una storia tragica.
L’approdo vero e definitivo dei troiani è l’Italia. Ma anche in questo caso il parallelo con coloro che arrivano oggi sulle nostre coste come migranti non regge. Tanto che un professore di lettere, su internet, dopo aver invitato a rispettare almeno Virgilio, commenta: “Enea è l’esempio dell’immigrato pericoloso per la cultura e la società italiana. Giunge in Italia, uccide Turno, legittimo re dei Rutuli ed eroe locale e poi si prende la sua promessa sposa, Lavinia”. Quindi fonda una nuova civiltà che spazza via le precedenti.
Se usiamo i classici per banali polemiche politiche sull’attualità è facile fare autogol e infatti in questo caso qualcuno potrebbe usare proprio la vicenda di Enea e concludere: “ecco il futuro dell’Italia. Se non chiudiamo le frontiere saremo spazzati via da chi viene da lontano e vuole sostituire la nostra civiltà con un’altra cultura e altri costumi”. In realtà bisognerebbe rispettare sempre i classici e salvaguardarli dall’uso politico improprio.
L’“Eneide” vuole cantare la grande epopea dei popoli italici che “civilizzano” il mondo, non può essere ridotta a un manifesto migrazionista, per uso propagandistico. E’ semmai il poema dell’identità italiana, infatti la parola “Italia” risuona fin dal suo secondo verso: “Armi canto e l’uomo che primo dai lidi di Troia/ venne in Italia fuggiasco per fato”. E’ il poema dei popoli italici. Antonio Socci
Mi fanno ridere questi discorsi. Io lo scrivevo anni fa che avrebbero fatto entrare alcuni milioni di africani per americanizzarci, con qualunque governo in carica perché+ l'Italia è un paese a sovranità limitata. E' una cosa che si sa da sempre, non capisco lo stupore.
RispondiEliminaNon c'è stupore, solo amarezza.
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