Parabola
dell’abuso di Potere
Il nostro beneamato 'premier' deve la fortuna della sua sorprendente carriera politica all'assonanza del suo cognome con il titolo (ed il contenuto) di quest'opera wagneriana?
Rienzi, l’ultimo
dei tribuni è la terza opera di Richard Wagner e tratta della vicenda storica
di Cola di Rienzo, il notaio papalino del Trecento che tentò di restaurare in
città la repubblica sul modello dell’antica Roma, facendosi nominare Tribuno
della plebe.
Imponente dramma in cinque atti, Rienzi rispecchia lo stile del Grand-Opéra francese, dominante allora nei teatri di tutta Europa. In quest’opera però le peculiarità di tale stile sono volutamente esasperate da Wagner in ogni aspetto, come dichiara egli stesso: «Il Grand-Opéra con tutta la sua pompa musicale e scenica, la sua passionalità ricca di effetti e operante con masse musicali, stava di fronte a me e la mia ambizione artistica mi spingeva non solamente ad imitarla, ma addirittura a superarne tutte le passate manifestazioni con un dispendio illimitato di energie.» In effetti il ventisettenne Wagner riuscì a portare davvero all’estremo ogni aspetto del Rienzi, tanto che alla prima rappresentazione a Dresda l’intero dramma, inclusi gli intervalli, arrivò alla durata record di sei ore.
L’idea dell’opera
gli era venuta nel 1836 con la lettura del romanzo di Edward Bulwer-Lytton 'Rienzi,
the last of the Roman Tribunes', a cui seguì l’anno seguente la stesura del
libretto e finalmente, nell’agosto del 1838, l’inizio della partitura. La prima
rappresentazione del Rienzi fu al Teatro di Corte Reale il 20 ottobre dello
stesso anno con un successo immenso: Wagner, da totalmente sconosciuto
compositore in continua difficoltà economica, passò ad essere eletto
Kapellmeister del teatro di Dresda, potendosi finalmente stabilire nella
capitale sassone.
Rienzi
rappresenta il primo grande successo del compositore tedesco, un successo che
non si ripeterà più fino a oltre un decennio dopo, visto che i primi grandi
drammi nel suo stile del tutto innovativo e mai visto prima furono del tutto
incompresi e per molto tempo non accettati dai pubblici europei.
Il manoscritto
del Rienzi era nelle mani di Hitler (fervente ammiratore dell’opera) e di
conseguenza andò perso nei bombardamenti del 1945. Non esiste quindi
un’edizione di riferimento e molte sono le versioni possibili, con incisioni su
CD che vanno da due a quasi quattro ore. Con i suoi 150
minuti la messa in scena del Rienzi nel 2010 alla Deutsche Oper di Berlino è
una versione drasticamente condensata e distribuita in due atti dal regista e
scenografo Philipp Stölzl che qui utilizza in larga misura il mezzo filmico
(mezzo di propaganda favorito dai totalitarismi del XX secolo) nello stile dei
cinegiornali dell’Istituto Luce italiano o dei documentari di Leni Riefenstahl.
(post tratto da 'L'Opera in Casa' - immagine di freeskies)
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