11/01/19

Un problema di Fede


Mi rendo conto di quanto sia facile sparare a zero sui galoppini del sistemone, sui tanti kapò degli aguzzini, sui mercenari del capitale, sui venditori di fumo. Più complesso è tentare di spiegarsi il perché delle loro azioni, soprattutto perchè la molla del profitto o dell'interesse personale non è sufficiente per comprendere fino in fondo il loro zelo imperioso ed apodittico.

Intanto dobbiamo sempre ricordarci di come tutto il sistema di potere attuale si basi sui paradigmi scientifici di fine ottocento. La fisica classica, la teoria dell'evoluzione, le prime ipotesi su virus e batteri, le scienze psicoanalitiche, etc. ... si tratta di notevoli conquiste del pensiero umano sebbene siano state largamente smentite o quantomeno rese obsolete dall'evoluzione del pensiero scientifico e filosofico del secolo appena trascorso.

Ciò che ci viene imposto pomposamente come dogma scientifico dai media di regime e dai suoi patetici araldi quindi è definibile come paradigma scientista fine ottocentesco. Niente a che vedere con la scienza, piuttosto con una sua degradazione posticcia, superata ed inattuale. Si tratta però del paradigma su cui si basano tutti i sistemi di potere e controllo in carica, ed è quindi solo per questo indiscutibile.

La bassa propaganda obsoleta a favore delle vaccinazioni forzate degli infanti, rientra quindi nel sistema liturgico di un progetto parareligioso. Quello relativo ai fondamenti del sistema. Credere nei vaccini equivale a credere nella fondatezza e giustezza del sistema di controllo in cui siamo immersi. E' un problema di fede. Comunque sia, le ragioni di chi intravvede nelle vaccinazioni forzate altre ragioni oscure e malevole sono tutt'altro che peregrine.

Il concetto su cui si basa tutta la querelle è quindi di tipo fideistico. Si tratta di aderire al pensiero unico imposto, antiquato, superato ed inesatto ma ancora in vigore. Un atto di fede per non pensare, per non riflettere, per dare energia al sistema, per creare dissidi, per lasciarsi cullare dall'inebriante (e falsa) sensazione di vivere nel migliore dei mondi possibile.

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