Uno dei cavalli di battaglia della propaganda ambientalista/globalista,
è quello dell’aumento vertiginoso della popolazione mondiale. Tali dati,
assieme a quello del riscaldamento climatico, sono la base di quella
operazione mediatica che indica nell’essere umano il peggior nemico di
se stesso (paradosso) e dell’ambiente. Ebbene tali dati non sono corretti ma è vero
il contrario. La popolazione mondiale si sta contraendo, a partire dagli anni
settanta del secolo scorso, e il riscaldamento globale non esiste da almeno 15
anni. Questo articolo ci illumina sulla spopolamento planetario in corso e
sulle dinamiche espansive della natura selvaggia, orsi polari in primis, un
altro simbolo della famigerata propaganda green.
Il Crollo Demografico - Proprio come durante il Medioevo
il XX Secolo ha assistito ad un progressivo aumento demografico legato ad un
maggior tasso di fecondità, alla progressiva urbanizzazione, all’aumento dei
processi industriali che hanno prodotto maggiori tassi di benessere e di
conseguenza a una forte espansione economica. Tale processo tuttavia proprio
come avvenne nel 1300, ha iniziato a invertirsi attorno agli anni ’70 e sta
progressivamente peggiorando non solo in Occidente ma a livello mondiale tanto
che la popolazione umana in generale sta progressivamente diminuendo, e questo
ha di per se notevoli svantaggi sia a livello economico che geopolitico.
Contrariamente all’opinione comune del sovrappopolamento, in realtà la maggior parte del pianeta sta assistendo ad un progressivo spopolamento, il che sta alla base di una vera e propria crisi demografica in corso. Una popolazione globale più bassa è qualcosa che molte persone vorrebbero, ma si sbagliano. In tutto il mondo, il tasso di fertilità sta scendendo al di sotto del livello di sostituzione, Paese per Paese, così che a livello globale ci sarà presto una popolazione in decrescita.
Con una crescita demografica negativa, ogni generazione produce meno progenie, che ne producono meno ancora. In questo momento, la popolazione giapponese è molto al di sotto del livello di sostituzione, come la maggior parte dell’Europa, dell’Europa orientale, delle ex repubbliche sovietiche e di alcuni paesi asiatici. Giappone, Germania e Ucraina hanno un declino assoluto della popolazione stanno già vivendo la bomba della sottopopolazione. La notizia scioccante è che il mondo in via di sviluppo non è molto indietro. I loro tassi di natalità stanno scendendo rapidamente.
Gran parte dell’Africa, del Sud America, del Medio Oriente e dell’Iran hanno rapidamente abbassato i tassi di fertilità. Il calo della fertilità persiste anche nelle nazioni dell’Africa sub-sahariana, nonostante il livello economico stia migliorando. Anche negli Stati Uniti, il problema non è molto differente, il rapporto più recente mostra che il tasso di natalità degli immigrati ispanici negli Stati Uniti sta scendendo più velocemente che mai. Presto gli Stati Uniti saranno alla pari con il resto del mondo, con tassi di natalità in calo.
Senza entrare nel merito, il crollo demografico contrariamente alle previsioni è un dato di fatto confermato dalle cifre sulla bassa natalità di tutti i Paesi, la conseguenza certa è che attualmente i singoli paesi stanno concorrendo l’uno contro l’altro per importare lavoratori qualificati, modificando le politiche di immigrazione e arginando invece i clandestini. Il quadro che si sta palesando è un aumento della tecnologia, un aumento dell’automazione industriale in alcuni settori a vantaggio delle macchine, milioni di robot, ma pochi giovani.1 Questo è la ragione per la quale si è arrivati alla cosiddetta Rivoluzione 4.0. Società tecnologicamente avanzate e con elevati tassi di produzione grazie alle macchine in diversi settori, ma una minore popolazione.
Si potrebbe pensare che i processi di urbanizzazione del XX e XXI secolo siano alla base di questo processo di riduzione della popolazione mondiale, in realtà l’aumento dei tassi di benessere e dei processi economici dovrebbe in realtà favorire l’incremento naturale della popolazione, ma tale fenomeno non si verifica il che implica che l’attuale tasso accelerato di decadimento demografico è in realtà legato ad un cambiamento ambientale di lungo termine che sta diventando sempre più profondo, dal momento che ogni anno nuovi record di negativi vengono registrati in diversi Paesi. Tuttavia il fenomeno interessante che si sta verificando all’unisono con il decremento della popolazione umana è che la superficie forestale e le popolazioni animali al contrario stanno aumentando in numero a tassi sempre più elevati.
In Europa e Stati Uniti la superficie forestale delle pinete è notevolmente aumentata nel corso degli ultimi decenni. Negli ultimi 20 anni il patrimonio forestale italiano è aumentato di circa 1,7 milioni di ettari, raggiungendo oltre 10 milioni e 400 mila ettari di superficie, con 12 miliardi di alberi che ricoprono un terzo dell’intero territorio nazionale. Le foreste europee si stanno espandendo ad un tasso netto annuale di 510.000 ettari, con un volume totale di 20.000 milioni di metri cubi e producendo un quantitativo annuo di circa 200 milioni di metri cubi di legno destinato all’industria di prima lavorazione.
All’unisono con il cambiamento degli habitat anche le
popolazioni naturali di lepri, caprioli e cervi sono fortemente aumentate,
escludendo la popolazione di cinghiali in quanto artificialmente importati, le
quali a sua volta seguendo la catena alimentare hanno portato ad una forte
esplosione della popolazione di carnivori come linci, gatti selvatici,
sciacalli e sopratutto le popolazioni di lupi le quali non solo hanno fatto la
loro ricomparsa naturale sul territorio europeo dopo oltre un secolo di
assenza, ma sono in forte aumento anche sul territorio americano.
L’aumento delle popolazioni di carnivori riguarda anche le
regioni artiche, le quali per esempio hanno assistito ad un drammatico aumento delle
popolazioni dell’orso polare. La
dott.ssa Susan Crockford usando gli ultimi dati e correggendo le stime
ufficiali ha concluso che gli orsi polari sono in realtà fiorenti: “Le mie
stime scientifiche hanno perfettamente senso e coincidono con quello che gli
Inuit e gli altri residenti dell’Artico stanno vedendo sul terreno. Quasi ovunque gli orsi polari entrano in contatto con le persone, sono molto
più comuni di quanto fossero in passato. È una meravigliosa storia di successo
sulla conservazione. "I numeri attuali degli orsi polari sono tali potrebbero
facilmente superare i 40.000, da un minimo di 10.000 o meno degli anni ’60".
Ciò implica chiaramente un fattore naturale che influisce
su tutto ciò, e l’evento che si adatta meglio a tale contesto è la decrescita
solare. Dopo la fine del periodo che porta il nome della Piccola Età del
Ghiaccio, dal 1250 al 1913, l’attività solare ha nuovamente iniziato a crescere
di intensità così come i suoi cicli undecennali fino al picco del 1960.
Successivamente il fenomeno ha nuovamente iniziato a invertirsi e i cicli solari sono diventati sempre meno intensi, di conseguenza anche i tassi di irradiamento solare hanno iniziato a decrescere. Ciò coincide con l’inversione della tendenza demografica iniziata attorno agli anni ’70 e oggi l’Europa, come esempio, si ritrova a vivere un progressivo spopolamento così come nel resto del mondo, come spiegato. Al contrario l’aumento della superficie forestale e vegetativa ha rimpiazzato aree lungo la catena alpina in Europa, e interi Paesi che un tempo erano abitati. Boschi e foreste stanno aumentando e così come le specie selvatiche prima menzionate, in quanto si è verificato un palese cambiamento ambientale direttamente causato da un crollo dei tassi di fertilità su scala mondiale.
I dato mostrano che l’energia emessa dal sole negli ultimi decenni è progressivamente scesa all’unisono con l’intensità del cicli solari. Il sole sta emettendo sempre meno energia solare verso la Terra, come mostra questo grafico dei dati di Total Solar Irradiance (TSI) mensile compositi da PMOD. La cosa più interessante è che i dati TSI di PMOD (Physikalisch-Meteorologisches Observatorium Davos), misurati dai satelliti, mostrano una diminuzione di 2 watt per metro quadrato dal suo picco intorno al 2003, ad oggi nel 2019. E la tendenza peggiorerà ulteriormente per tutto il secolo attuale.
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