'città
fantasma' cinese
Quegli
agglomerati abitativi ad alta densità denominati città, connotano da millenni un
paesaggio un tempo naturale. L’aggregazione in nuclei di condensazione massivi
e stabili è una prerogativa dell’essere umano e degli insetti. Il tessuto
urbano è ciò che più si avvicina al concetto di artificialità, di distanza
dallo stato naturale.
Le
città rappresentano perfettamente la struttura sociale che le ha prodotte ed
abitate. Ad ogni mattone posato, corrispondono infatti equilibri sociali, che
rispecchiano la composizione ed i rapporti di interazione tra i diversi strati
della popolazione e le elite che tutto controllano e gestiscono.
UR
L’urbanistica
però, da sempre, è appannaggio delle elite di potere che dispongono gli assi
viari, la posizione degli edifici più importanti e le caratteristiche di massima che
dovranno avere gli edifici popolari (norme tecniche di attuazione). La distribuzione urbanistica risponde quindi a
precise esigenze di controllo e gestione della plebe. Dall’impostazione
progettuale della città di Ur (da cui deriva probabilmente la parola
urbs e quindi urbanistica) alle moderne megalopoli, anche la toponomastica è un sicuro
appannaggio delle elite.
Un
aspetto del contemporaneo davvero sorprendente è la costruzione delle
cosiddette ‘città fantasma’, grandi agglomerati urbani definiti fin nei
dettagli, ma disabitate oppure percorse da sparute pattuglie di sicurezza e
pochi addetti alla manutenzione.
la città nuova di Kilamba (Angola)
Ne
sono sorte decine in Cina ed anche in Africa, in zone disabitate e semidesertiche.
Tali zone, prive spesso di un corso d’acqua naturale, erano rigettate dagli
antichi urbanisti perché prive dei requisiti igienico sanitari ritenuti
necessari. La pianificazione urbanistica dell’antichità era inoltre
assoggettata alle conoscenze astronomiche ed alle esigenze ritualistiche basate
su di un codice magico esoterico. Leggendo però alcuni testi,
scopriamo come anche le pianificazioni più recenti rispondano a tali requisiti,
probabilmente gli stessi delle ere più remote.
Ciò
verrebbe a sostegno delle tesi espresse da Diego Marin nei suoi libri, in cui
traccia le storie millenarie di alcuni gruppi di sangue (la confraternita dell’occhio
che tutto vede, il serpente rosso, il Sangreal) che nascondendosi dietro una
religione, dei gruppi di potere od uno stato intero, impongono i loro voleri alle
genti del pianeta.
I
lavori di Marin sono un susseguirsi quasi concitato di dati (attendibili),
persone, fatti ed opinioni che inseguono queste genie funeste dai tempi biblici
(ed anche prima in verità) sino ad oggi. Le ipotesi di Marin sono
condivisibili? Senz’altro. La confraternita del ‘Monocolo’ impera nell’era
presente e, immaginiamo, sia prossimo il suo disvelamento definitivo. La sua
simbologia infatti campeggia in molti settori dell’informazione, dell’intrattenimento
(che poi sono la stessa cosa) e delle corporazioni.
Viviamo
quindi in costrutti artificiali frutto di attenta pianificazione. Nulla accade
per caso in questi contesti inquinati. La struttura del nostro pensiero e della
nostra memoria è profondamente influenzata dal contesto ambientale in cui
viviamo e questo i confratelli lo sanno molto bene. L’influsso della
confraternita prosegue il suo corso indifferente a tutto e tutti. Come
fermarli? Cosa accadrebbe se li fermassimo?
vedi: LINK