La guerra alla realtà ha origini antiche.
Già l’impero romano dispensava cibo e giochi, all'interno di un'urbanistica totalitaria, per poter proseguire nella sua
opera egemonica, mantenendo le masse popolari in uno stato passivo e, a
dispetto delle apparenze, inattivo.
Oggi le masse popolari sciamannano
in ogni dove, in località inattese, in discoteche stordenti, assembrate in
lembi di terra assolati. Praticano ogni tipo di attività fisica in modo sperticato
e disarmonico, lontani da un sentire profondo e silenzioso. Le corse fameliche
all’acquisto compulsivo sono esilaranti, le code ai supermercati o ai caselli, avvilenti.
Dietro questo apparente movimento
si nasconde impietoso lo spauracchio del non senso. Dietro le risate sganasciate
degli adolescenti, emerge spesso un nulla entropico disperante. Il pensiero
mette paura e disagio. La tensione spirituale incute timore e diffidenza. L’eloquio
pindarico ed inatteso spinge alla fuga o alla derisione.
L’omologazione verso il fremito
motorio ebetoide è una forza poderosa. Tutto è utile per mantenere il velo
alzato. Quel velo che impedisce a noi ed ai nostri simili di guardare la
realtà, i cui indizi sono abilmente e pervicacemente celati. La guerra alla
realtà ha un grande futuro.
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