fragmenta - Sprofondati
come siamo nella fase alquanto avanzata di questo densissimo declino
fluorescente dei tempi, la falsa chiarità artificiale davvero sembra aver reso
del tutto inservibile la saggia lampada dell’antico “cane filosofo”, che per
secoli ha rischiarato la riflessione di eletti indagatori delle profondità
invisibili celate all’interno dell’uomo.
Oggi
inusuali correnti magnetiche trascinano i pensieri e l’identità stessa
attraverso imprevedibili rapide dissolventi, dove gli stessi significati del
simbolo e congiuntamente dell’allegoria si estinguono come il colore di un
tessuto pregiato impropriamente bagnato nella varechina.
L’uomo
nuovo che riemergerà da questa traversata massimamente corrosiva che è la
modernità, non sappiamo se potrà ancora essere definito propriamente come Uomo
o sub-umano; quale infelice sopravvissuto di una manipolazione altamente
elaborata ma immensamente squallida, come di fatto è squallido ogni supporto
concepito per amplificare l’azione uniformante dell’idea “macchina”.
Originariamente
l’idea del “sapere” non a caso è intimamente congiunta a quella di “sapore”,
difatti, con sempre maggiore insistenza, ci domandiamo con rinnovata
apprensione di quali doti siano forniti gli impoveriti e contaminati cibi per
noi predisposti da multinazionali aliene alla nostra autentica integrità. Stiamo
barattando qualcosa d’inestimabile per aver acconsentito alle lusinghe
intorpidenti di “quattro specchietti colorati”.
La
“rete” funziona a dovere, le sue finissime maglie sembrano attuare l’ultima
battuta di pesca a strascico calata nei fondali animici in cui l’umanità si
dibatte da tempo immemore, ancor prima che fosse sommersa dalle acque del
castigo memoriale. Eppure,
anche questa dell’ultimo grande Diluvio, forse, è una narrazione ancora
incompresa, almeno se non si vuole ignorare l’indicazione contenuta nel vangelo
apocrifo di Giovanni, secondo il quale il diluvio autentico non fu di semplice
acqua ma di tenebre che, per nulla ritiratesi, ancora sommergerebbero la terra.
Noe'
e altri a lui simili, trovarono rifugio non dentro un arca fisica, ma bensì in
un luogo luminescente “acceso” internamente alla propria coscienza. Il
demiurgo o pseudo dio Jaldabaoth aveva infatti disteso su tutta la terra una
fitta coltre di tenebre: indicazione certa dell’avvio di uno dei periodi
maggiormente critici per la storia dell'uomo e tutt'ora in atto.
L'avvio
o il preludio all'eta' oscura (Kali-yuga) sarebbe sedimentato nella
narrazione stessa del mitico diluvio, quale riverbero dell'aurora opalina che
drammaticamente introduce l'Età attuale; la sopraggiunta crisi in cui è
instaurato il cupo dominio di una sovrana insensibilità e del
conseguente ottenebramento spirituale indubitabilmente sempre più
denso e ancora lontano dall’essere rischiarato.
Il
capitolo sul diluvio così chiude: "Fu cosi' che tutta la creazione divenne
schiava per tutta l'eternita', dalla fondazione del mondo fino a
adesso...generarono figli dalle tenebre a immagine del loro spirito; chiusero i
loro cuori e dalla insensibilita' dello spirito di opposizione, divennero
insensibili fino a adesso".
Forse
a noi moderni sfugge che l’ultimo oscuro piovasco diluviale è già iniziato ed è
propriamente un’inondazione elettrochimica che ispessisce massimamente la coltre
del buio epocale. La
desiderata “innovazione” verso cui tutto è freneticamente proiettato significa
solo l’annegamento indistinto di ogni autentica qualità, di ciò che di più
nobile e autentico giustifica la nostra permanenza quaggiù.
Non è
cosa vana, seppur apparentemente sembra esserlo, il tentare fino all’ultimo di
riappropriarsi di una memoria propriamente “gentile” connaturata alla nostra
identità profonda. Per “gentile” s’intende indicare la condizione massimamente
favorevole e dunque consapevole, (il più possibile determinata) che una persona
possa sperimentare in questa vita.
Ricercare
l’ispirazione elettiva nel dominio della macchina e dell’industria sembra
sempre più irrealizzabile, ma non ci sarebbe altra alternativa per non abdicare
dalla propria “identità poetica”: unica alchimia autenticamente possibile.
Come
scrisse Jacques Maritain: “Per poesia intendo non l’arte particolare che
consiste nello scrivere versi, ma qualcosa di più generale e al tempo stesso di
più primordiale: quella intercomunicazione fra l’essere interiore delle cose e
l’essere interiore del Sé umano che è una specie di divinazione (come venne
chiaramente compreso dagli Antichi: il vates latino era un poeta e allo stesso
tempo un divinatore). Poesia, in questo senso, è la vita segreta di ciascuna e
di tutte le arti…”