Non si possono
ignorare le profonde visioni dell’autore del blog fragmenta. Da esse possiamo raccogliere a nostro vantaggio lucide visioni di un passato remoto ancora
attivo, vigile, utilissimo. Pur distante dalla mia ‘imago mundi’, riconosco in
lui la saldezza di un missionario e la scaltrezza di un iniziato. Ecco una
delle sue lucide somme:
La vita, il suo
mistero essenziale, approderebbe in questa terra dopo aver navigato attraverso
un oceano di tenebre. Da tempo immemore qui la “scintilla “ è impastata al
fango, addensata, diversificata in molteplici contrasti chiaroscurali che nel
tempo attuale culminano nell’aspettativa puramente apocalittica.
Nel centro
dell’uomo, oltre ogni possibile manomissione egli abbia potuto subire o
sperimentare, oscilla invisibilmente la sua qualità sensibile, più o meno “opacizzata”
e che può essere definita come il primo “magnete” rinsaldante l’animo al motivo
maggiormente eclissato della consapevolezza.
L’essenza della
consapevolezza, dunque, consisterebbe nella facoltà d’intuire l’esistenza di
una memoria pre-universale che è assolutamente coincidente con la
prefigurazione stessa della morte fisica (intesa come culmine e perfezionamento
del percorso esistenziale) e, pertanto, all’idea di “destino”, per la quale a
un dato momento dell’antichità preistorica si resero necessarie le iniziazioni
ai Sacri Misteri perdurati fino all’età Classica.
L’esigenza
pressante fu quella dettata dalla necessità di purificare l’intuizione, di
tergere l’enigmatica "lente interiore" che fin dai primordi
inesplorati della vita cosciente predispone l’animo ad accogliere i raggi del
sole fin dentro le profondità cardiache del corpo fisico e, ugualmente, di
averli potuti riflettere sulle pareti preistoriche di caverne-tempio per mezzo
di semplici segni infinitamente enigmatici, che preordinarono nell'uomo le
molteplici differenziazioni degli stati di coscienza; elevata solo per mezzo
dell’ispirazione detta “profetica”.
In età a noi più
prossime, memorabili furono i Misteri eleusini, chiamati anche “epopti”, termine
derivante da una radice greca che significa “vedere”, alludendo con ciò alla
visione emblematica di una comprensione ulteriore che fu definita anche come
“seconda nascita”: la reminiscenza propriamente estatico-veggente o anche
“ideazione suprema” di una vita posta oltre la vitalità fisica ordinariamente
intesa e considerata da tutte le culture tradizionali come la maggiore delle
conoscenze possibili.
L’uomo arcaico,
crediamo affatto rozzo ma bensì supremamente “ingenuo” e maggiormente centrato
dell’attuale: esistenzialmente bilanciato da una “solidità onirica” del tutto
ignota al nevrotico uomo contemporaneo, consacrava puntualmente la forza, la
salute così come la malattia, ad invisibili centri di potere. Lui comprese (non
credeva) che da tali “invisibili centri” scaturiva la vitalità e la coscienza
che animavano il tutto e dove ogni possibile manifestazione sensibile
rintraccia il suo principio seminale.
La convinzione è
che ogni atto e pensiero realizzano un’eco inudibile ma ugualmente risonante
nel dominio maggiore da cui scaturisce la totalità della vita, dunque, ogni
atto o pensiero rimandano necessariamente ad un significato maggiore, tanto nel
bene quanto nel male, realizzando un’incisione sovrasensibile in quel fondo
cangiante che è l’alveolo stesso in cui scorre il flusso del tempo.
Destino, Fato o
Provvidenza, altro non sarebbero che le impalpabili emanazioni, i “germogli
scintillanti” di tale predeterminazione universale che ha reso il Cosmo così
intimamente partecipe di se stesso.
L’alchimia, dunque, si relaziona alla Tradizione come un ramo si dirama dal tronco. L’alchimia costituisce la metamorfosi operativa degli antichi misteri, la sostanza simbolica di ciò che la Tradizione alchemica identifica con l’Uovo Filosofico, consiste nell’incubazione interiore (elaborazione a perfezione) di tale nucleo propriamente "ispirativo", che, di fatto, costituirebbe il calore necessario e insostituibile affinché possa compiersi la schiusa allegorica del prodigio metafisico internato nei misteri dell’essere cosciente. Qui l’interiorità dilata la percezione ben oltre le proporzioni del Cosmo esteriore.
In tale
superamento, propriamente definibile come effettivo “attraversamento
dimensionale”, è realizzato il senso ultimo di ogni apocalisse - rivelazione
finale per eccellenza - connessa al definitivo svolgimento di un Ciclo cosmico
e, pertanto, della stessa apocatastasi - restaurazione ultima - intesa come
promessa garantita (aspettazione che diviene certezza) della resurrezione nello
spirito.
La cosiddetta
“integralità ermetica” della persona fonda nell’ispirazione, e solo attraverso
questa l’essere poté intuire se stesso. L’ispirazione o anche “suprema
intuizione” testimonia la schiusa interna alla coscienza di un “seme lirico” da
cui fiorisce l’intero universo. Lo spirito preesisterebbe a questo metaforico
seme intuitivo che costituisce la sua unica possibilità d’ingresso, la su unica
possibilità d’irruzione nel dominio di una materia altrimenti sorda e
indifferenziata. L’intuizione o ispirazione realizzerebbe l’unico presupposto
della Memoria autentica, da cui può germogliare la Dignità, intesa come la
Grazia e la Fermezza proprie alla nobiltà dell’animo e senza le quali la
persona si relega alla condizione di una schiavitù e miseria infinita;
indipendentemente che siano le circostanze esteriori che arrivano a sostenerne
la presenza.
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